jueves, diciembre 16, 2004

Ogni autore ha la sua firma


Durante i mesi di inverno a Roma sucede ogni anno un fenomeno al quanto curioso: quando il sole comincia la sua discesa verso l'orizonte imfiammando cielo, acqua e terra, centinaia di ucellini grandi quanto una rondine cominciano a sorvolare determinati punti della città. Ma il loro non è un volo in formazione o comunque con un punto di partenza e di arrivo stabilito. Semplicemente volano. Volano amucchiandosi in nuvole scure che macchiano il tramonto con il nero delle loro ali, del loro corpo, dei loro occhi. E così, sospesi a decine di metri sulle piazze dell'EUR, Castel Sant'Angelo o Stazione Termini, si lanciano in una folle ma spettacolare danza, frenetica, caotica come il traffico di sotto, e bella. Bella come i pezzi di Roma Classica sparsi ai Fori Imperiali, come i pallazzi rinascimentali o le fontane barocche. E poi sempre diversa questa danza. Oliosa, fluida, che si muove come una strana medusa multiforme. Mai visto che una figura, che si tramuta in un'altra, e poi in un'altra ancora venga ripetuta un'altra volta. Mai.
Da sotto, noi pedoni, alle volte ci guardiamo
sorpresi, meravligliati o indifferenti. Alle volte inquieti anche: se sei proprio sotto te o la tua macchina potreste essere sorpreso da un autentico bombardamento, sai, loro non vanno al bagno.
Ma il tramonto passa, prima arancione, poi rosso, piu tardi ancora viola. E la notte arriva nera, umida e ancora fredda. Gli ucelli volano via rimandando lo spettacolo alla sera dopo mentre sotto la città si accende. Lì la vita continua, frenetica, pazza come la danza delle nuvole di ucelli. Senza senso al meno in apparienza.
Non so a che si deve tutto ciò. No so se volano così per cacciare insetti, per accoppiarsi o per puro divertimento. Ma è bello e rende ancora più straordinario il già particolare tramonto romano. Luce rossa, sagome monumentali ritagliate sull'orizonte e nuvole bizzarre danzanti sopra.
Ecco il migliore degli spettacoli per salutare la giornata che se ne va.

(Juan Pantano)

2 comentarios:

Anónimo dijo...

Lo he leído varias veces, y entre el catalán y el gallego lo he entendido más o menos...¡Qué hermosa y sonora lengua...! que lástima no hablarla y entenderla bien...
Beixos. Marmi

thirthe dijo...

Marmi, te quiero, eres una verdadera maga!!!

Beixos neses ollos pícaros.